Limitazione della conservazione
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Secondo l’articolo 5(1)(e) del GDPR, i dati personali dovrebbero essere “conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore a quello necessario” (vedi “Principio di limitazione della conservazione” nella Parte II sezione “Principi” di queste Linee guida). Tuttavia, il GDPR permette la conservazione per periodi più lunghi se l’unico scopo è la ricerca scientifica (o l’archiviazione nel pubblico interesse, la ricerca storica o scopi statistici), a condizione che i titolari del trattamento siano autorizzati a procedere a tale trattamento in base a una base giuridica adeguata (la conservazione comporta il trattamento dei dati). L “intenzione del legislatore sembra essere stata quella di dissuadere la conservazione illimitata anche in questo regime speciale e di evitare che la ricerca scientifica sia un pretesto per una conservazione più lunga per altri scopi privati. In caso di dubbio, il titolare del trattamento dovrebbe considerare se una nuova base legale è appropriata”.[1]

Pertanto, i periodi di conservazione dovrebbero essere proporzionati agli scopi del trattamento. “Per definire i periodi di conservazione (scadenze), si dovrebbero prendere in considerazione criteri come la durata e lo scopo della ricerca. Va notato che le disposizioni nazionali possono anche stabilire delle regole relative al periodo di conservazione”.[2]

 

 

  1. EDPB, Linee guida 03/2020 sul trattamento dei dati relativi alla salute ai fini della ricerca scientifica nel contesto dell’epidemia COVID-19. Adottato il 21 aprile 2020, pag. 10. Su:https://edps.europa.eu/sites/edp/files/publication/20-01-06_opinion_research_en.pdf Accesso: 23 aprile 2020.
  2. Ibidem, p. 10.

 

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